Alle volte, le cose non vanno

Quando ero in fase di assunzione nel mio precedente lavoro mi avevano somministrato uno di quei test della personalità. Era un quiz infinito a crocette che girava attorno a domande su cosa ne penso della pena carceraria in Italia e una sequela di quiz di logica visiva, freccia su, freccia giù…quale sarà la freccia seguente? Non mi hanno mai dato l’esito di questo ultimo tipo di test, quindi credo di essere un drago in materia.

Ho sempre bollato questi test come un modo per spillare qualche soldo ad un’azienda e per sfinire il possibile candidato, niente di più, niente di meno.

Molto tempo dopo essere stata assunta (a quanto pare non ero considerabile un vero e proprio serial killer) è venuta a tenere un team building una delle esaminatrici di questi famosi test d’ingresso (li chiamo così per dargli una qualche parvenza di utilità all’interno dei miei ricordi) e, per la prima volta, sono riuscita a vedere il mio risultato e a farmelo commentare.

Ero idonea con riserva.

E la cosa, lo dico con sincerità, ha ferito quel briciolo di orgoglio e megalomania che giace a nanna nel profondo del mio essere.

Poi per fortuna mi è stato spiegato il perchè ci fosse “riserva” sul mio giudizio, nonostante dei bei punteggi sotto l’aspetto empatico, e un sacco di cose che alle aziende fanno piacere (tipo una spiccata remissività causa bassissima autostima).

Il mio problema, secondo questo test era che “se incontro degli intoppi o se le cose non vengono come me le ero prospettate, tendo ad abbandonare il progetto, considerandolo una causa morta”.

E…badabim badabum: avevano ragione.

È vero, se le cose non vanno come me le sono dipinte nella testa le mollo li, le abbandono, come fossero animali indesiderati mollati lungo la tangenziale (vi prego, non fatelo). Anzi, iniziano a farmi pure schifo, e più le ho sotto gli occhi, più ci resto male.

Lo so, questo blog sembra un’antologia della sfiga e dei problemi mentali, ma uno degli scopi di questo spazio era per me il potermi sfogare con qualcuno di immaginario, e fare in modo di dar spazio alle idee e i pensieri.

Quindi prendetelo con questa filosofia, por favor.

Dicevo…ho questo problema, ma ultimamente mi sto accorgendo del trigger, ovvero di quando inizia a scattarmi questa cosa e a montarmi la rabbia. Chi mi conosce direbbe che non è da me, che non ho mai scatti d’ira o di rabbia. Chi mi conosce molto bene sa che li ho, sporadici ma comunque è bene starmi un attimo alla larga.

Il vero dramma è che i miei progetti falliti non possono allontanarsi da me e, la stragrande maggioranza delle volte, mi accorgo troppo tardi di quando una cosa sta scatenando l’altra e mi ritrovo ad essermi accanita per troppo tempo su un progetto, e quindi la rabbia mi si quadruplica.

Oggi è uno di quei giorni.

Uno di quei giorni dove avevo sistemato tutto per benino, dove tutto stava andando per il verso giusto, dormito bene, buon umore, ecc…

Piano piano però la mia torre di Jenga ha iniziato a perdere qualche mattoncino qua e la, per una cosa fuori posto, per l’estetica di una ripresa che stavo facendo, per una cosa ancora da montare dell’IKEA e poi…tac.

Il mattoncino definitivo.

Un’illustrazione che doveva essere fatta e finita che, nel momento della stampa e della preparazione della plastica non è venuta come volevo. Non è brutta, solo non era come me l’aspettavo. Troppo piccola, troppo sghemba, e troppo inutile.

Ma, come dicevo poco sopra, ho presto capito che quella cosa non era da portare avanti in quel momento. Quindi mi sono alzata, ho lasciato li le cose e mi sono dedicata ad altro, ho preparato una torta che al momento sta cuocendo nel forno e sto scrivendo sul blog, assieme a voi nel mio piccolo spazio tranquillo.

Mi direte “Ma Dalila, però hai comunque alimentato il tuo atteggiamento sbagliato del mollare i progetti che non ti piacciono!” (nella mia testa la vostra voce è tutta BOH BOH BOH!)

La risposta è: si, ma sopratutto no.

(mi piace essere così vaga, così suspances, così ci giro attorno per sembrare interessante)

Si perchè all’atto pratico ho fatto quello che faccio sempre, cioè lasciar perdere una cosa che non mi sta piacendo.

Ma per una volta mi sento di dire no perchè ho in primis mollato prima di aver buttato via un intero pomeriggio e in secundis perchè per una volta ho detto “Mi fa schifo, ma per questo, questo e questo motivo, che posso rimediare in questo, quello e quell’altro modo. Mi prendo una pausa, ci rifletto e vedo di riorganizzare il piano d’attacco”.

Quindi eccomi qui, con voi, con il profumo di torta che esce dal forno, nella mia piccola pausa di riflessione e una cosa voglio dirla: non siamo perfetti e nessun test del cazzo può dirci cosa è sbagliato dentro di noi perchè penso davvero con tutta me stessa che siano queste piccole sfumature, queste piccole imperfezioni a far di noi quello che siamo. E vaffanculo se le cose non sono perfette al primo colpo: abbiamo moltissime cartucce da sparare, la cosa importante è che quelle “sbaglaite” ci insegnino comunque qualcosa.

Beh, mi sono sfogata, grazie per avermi ascoltata, come sempre se volete parlare con me sono felicissima di scambiare quattro chiacchiere con voi via mail o via DM su instagram!

Cià ciao!

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Le routine non fanno per me.